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Gli studi sulla pratica clinica di ‘real world’ forniscono maggiori informazioni sul trattamento dell’emicrania: lo dicono gli esperti. In occasione del simposio ‘Fremanezumab: cosa è cambiato in un anno’ al 52/o congresso della Società italiana di Neurologia a Milano, la casa farmaceutica Teva ha presentato le nuove evidenze dello studio Pearl, Pan-European Real World, che vede coinvolti in Italia 354 pazienti da 30 centri partecipanti.

“Lo studio Pearl – spiega la professoressa di Neurologia dell’Università di Pavia, Cristina Tassorelli – è uno di quegli studi definiti tecnicamente ‘real life’: vuol dire che il paziente viene gestito normalmente, come lo sarebbe dal suo medico curante o dal medico specialista, la differenza è che vengono raccolti in maniera capillare dei dati”. Questo, osserva, “è importante perché negli studi clinici controllati vengono inclusi pazienti con caratteristiche selezionate e trattati secondo un protocollo ben preciso; le indagini ‘real life’ invece ci danno informazioni più utili per la gestione di questi pazienti nella realtà di tutti i giorni”.
Per il responsabile del Centro Cefalee all’Università della Campania ‘Luigi Vanvitelli’, Antonio Russo, “il dato di ricchezza degli studi ‘real life’ deriva dal fatto che abbiamo pazienti che incontriamo nella nostra pratica clinica, con le loro difficoltà e la loro storia di fallimenti con i precedenti farmaci. Ciò che osserviamo è quanto di più aderente possibile all’esperienza del neurologo clinico nella sua attività quotidiana”. In futuro la ricerca clinica nell’ambito dell’emicrania, rispetto al mondo degli anticorpi monoclonali, “sarà soprattutto volta identificare dei biomarcatori che ci permettano di comprendere se ci sono tipologie di pazienti rispondono meglio, e in quali tempi, agli anticorpi” commenta il professor Russo. “I dati a nostra disposizione finora – osserva – suggeriscono che prima si agisce con anticorpi monoclonali migliore sarà l’aspettativa di efficacia del trattamento”.

ANSA 


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