0

Milano – Bionda, biondissima Mirandolina. Ultrapop. Di rosa (shocking) vestita, tutta stretta nel latex. Roba che Goldoni sveniva. Eppure le parole sono tutte sue ne “La Locandiera” di Corrado D’Elia, fino al 19 febbraio al Teatro Leonardo, per la stagione di MTM. Un lavoro di qualche anno fa. Corrado D’Elia al Teatro Leonardo: il testo è rimasto intatto, abbiamo solo accelerato un poco il ritmo. Il cast de La Locandiera in scena al teatro Leonardo. Sempre accolto con entusiasmo dal pubblico. Che continua ad apprezzare questo classico accelerato. Con la Mirandolina plastic girl interpretata da Chiara Salvucci. Bottegaia civettuola, si diverte a far girar la testa ai clienti della sua locanda. Un po’ per gioco, un po’ per calcolo. E con lei sul palco lo stesso D’Elia insieme a Marco BrambillaTino DanesiDaniele OrnatelliGianni Quillico e Andrea Tibaldi.

D’Elia, come mai questa versione pop?

“È un grande testo, giocato sul ritmo. Iniziando a lavorarci ci siamo domandati come uscire dalla trappola del manierismo settecentesco, pur continuando a riflettere sul concetto di artificiosità. Da qui nasce l’idea di usare la plastica come simbolo della finzione contemporanea, una plastica di design o di poco conto, che travolge qualsiasi cosa, perfino i costumi. Un elemento colorato e vistoso che tuttavia supera la scelta stilistica per farsi contenuto. Goldoni è rimasto intatto, abbiamo solo accelerato un po’ il ritmo”.

Una rinfrescata .

“Sì, per far vedere anche quanto sia divertente. “La Locandiera” di Franco Enriquez con Valeria Moriconi rimane forse la migliore ma temo che oggi risulterebbe un po’ passata”.

Come descriverebbe il suo teatro?

“Da una parte lavoro sui grandi autori, in produzioni con cast numerosi. Dall’altra proseguo i miei album, lavori in solitaria focalizzati sulla contemporaneità. Forse a sintetizzare lo definirei un teatro di poesia, dove l’immagine è fondamentale nel confronto con il pubblico ma si basa sempre sulla parola”.

Ecco, il pubblico: quanto è importante nella costruzione di un suo spettacolo?

“Non faccio niente per piacere ma è vero che si è costruito nel tempo un dialogo trasversale fra generazioni, che ormai prosegue da trent’anni. E mi sorprende sempre quanti spettatori tornino più volte a vedere lo stesso lavoro. Credo che sia legato alle emozioni, a un qualcosa che si riesce a condividere, fosse solo un po’ di divertimento come in questo caso. E al Leonardo stiamo infatti già andando verso il tutto esaurito, in una sala di 500 posti. Un dato che non dovrebbe avere nulla di fenomenale ma non è così frequente”.

A quale spettacolo è più legato del suo repertorio?

“Forse al “Caligola” di Camus, testo di una bellezza incredibile, ancora oggi m’insegna qualcosa di nuovo ogni volta che lo faccio. E poi è così contemporaneo nella riflessione sul dolore che non dura e sul senso ultimo dell’agire, in una società dell’apparenza come la nostra”.

Al debutto era ancora al Teatro Libero, come fu l’esperienza?

“La definirei una resistenza eroica, ogni sera cercando di riempire questo teatro ricavato al terzo piano di un caseggiato, un ex magazzino. È stato difficile. Però è da lì che è partito tutto, sono stato fortunato. Era poi un periodo di totale sovrapposizione fra arte e vita. Oggi però mi trovo molto bene in MTM. Mi sento decisamente a casa”.

 

 


Milano, metro M4: il 30 giugno l’inaugurazione

Previous article

Morta per tiramisù, indagini in corso: abituata a mangiare tracce uova

Next article

You may also like

Comments

Comments are closed.

More in Spettacolo